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Don Carlo De CARDONA (1871 - Morano Calabro - 1958)

Gennaio 30, 2019 alle 21:23, Nessun commento


Il 1984 Giovanni Paolo II, nello stadio S. Vito di Cosenza, invitando la Chiesa di Calabria a essere «fermento e forza morale per il rinnovamento e la rinascita religiosa, sociale, morale e civile di tutta la regione» indicò come modello da seguire Don Carlo de Cardona, il gigante del Cattolicesimo calabrese. Nato a Morano Calabro il 1871, nel 1890 si trasferì a Roma per laurearsi in filosofia e teologia alla Pontificia Università Gregoriana, dove conobbe e studiò l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII respirandone la spinta sociale per un forte rinnovamento ecclesiale. Il 7 lug. 1895 fu ordinato sacerdote a Cassano Ionio e qualche mese dopo mons. Camillo Sorgente, arcivescovo di Cosenza lo chiamò ad essere suo segretario particolare. E grazie alla pastoralità nuova dell’Arcivescovo Camillo Sorgente don Carlo de Cardona ha avviato e concretizzato il programma di azione socio politica religiosa e, nello stesso tempo, formativa ed educativa per il popolo indispensabile per una qualificante presenza  della Chiesa di Cosenza nella società civile. Nel 1898, nonostante  la derisione e una accanita lotta contro di lui da parte della massoneria cosentina, non si fermò e fondò “La Voce cattolica” strumento prezioso per diffondere fra il clero e il popolo la dottrina sociale della chiesa. Nel 1901 diede vita alla Lega del lavoro, aderente all'Opera dei congressi, e successivamente alla Cassa rurale di Cosenza, come complemento delle leghe per l'emancipazione economica e politica dei lavoratori. Nel 1904 fu eletto nel Comune di Cosenza dove ricoprì la carica di assessore alle Finanze. Fu consigliere provinciale dal 1905 al 1923. Come presidente della Cassa rurale federativa di Cosenza, risolse la crisi della Cassa di risparmio e finanziò la costruzione dell'impianto idroelettrico di San Pietro in Guarano. Nel 1913 partecipò al primo convegno cattolico calabrese, dove sottolineò che le precarie condizioni economiche della Calabria favorivano lo sviluppo del movimento sociale cattolico e per questo propose la costituzione di leghe del lavoro in tutta la regione. Intervenne poi al congresso regionale del movimento cattolico calabrese tenutosi a Crotone dove evidenziò il ruolo della cultura nello sviluppo della fede cristiana del popolo. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu tra i fautori di un progetto di pace e alla fine della guerra tra i fondatori della sezione cosentina del Partito Popolare Italiano, nella cui segreteria provinciale egli entrò nel 1920. Nello stesso anno guidò le leghe contadine alla conquista di nuovi patti agrari. Il fascismo però distrusse la sua opera sociale ed egli stesso fu costretto ad abbandonare Cosenza. Nel 1935 si ritirò a Todi, ospite del fratello Ulisse. Andò a Roma, presso il santuario del Divino Amore, poi a Collepepe (Perugia), ritorno a Todi e vi rimase fino al 1941, quando mons. Calcara, nuovo vescovo di Cosenza, lo richiamò in città dove costituì una cooperativa contadina e fece parte della giunta comunale, espressione del Comitato di liberazione provinciale. Stanco e malato andò di nuovo a Todi e poi  rientrò a Morano Calabro, suo paese nativo.  dove morì il 10 marzo 1958. Tutta l’opera di Don Carlo che a Cosenza “nella prima metà del novecento diventò il pioniere dell’elevazione morale e sociale dei contadini e degli operai” (Mons. Bonanno) aveva il suo epicentro nel suo essere sacerdote ed era finalizzata a portare anime a Cristo e a servire i fratelli che si trovano nel bisogno. Per questo nel corso della sua vita si presentò come persona di grande fede  in Gesù Cristo, nello Spirito Santo, e nella Madonna, che proponeva ai lavoratori. Una persona di assoluta obbedienza al papa: “Ogni vero figlio della chiesa deve al Pontefice … l’ossequio docile e intero della sua mente e del suo cuore”. Un sacerdote, “prete, soltanto prete” (Mons. Bertolone), che aveva il compito di “insegnare la fede e inculcare la carità praticandola egli per primo con esempio costante e luminoso”, e andare al popolo: i preti: “non possono rimanere circoscritti nelle loro chiese e nei loro presbiteri; bisogna animarli dello spirito apostolico” (Leone XIII). E’ interessante quando scrive in una lettera autografa del 23.08.09, trovata nel nostro Archivio Storico Diocesano, su carta intestata “Cassa Rurale Federativa, società operativa in nome collettivo, Cosenza: “Mons. Ecc.mo. Perdonate l’ardire e l’indiscrezione, perché è solo per non resistere alla semplicità e sincerità con cui mi s’induce a questa, che io Vi prego umilmente e devotamente di prendere in caritatevole considerazione il desiderio vivissimo dei cittadini di S. Maria Le Grotte, …”. Don Carlo non portava rancori, non sapeva odiare. Era pronto a dimenticare, a perdonare tutti, compresi quelli che avversavano le sue idee. “Le virtù teologali unitamente alle Virtù Cardinali, Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza, ai consigli evangelici, allo stile di vita di assoluta povertà evangelica e di adamantina castità, furono il dono più bello fatto da Gesù al Servo di Dio don Carlo De Cardona , che seppe mettere a frutto i talenti a lui affidati”. (Mons. Savino). E proprio grazie al vescovo della diocesi di Cassano, mons. Francesco Savino è da poco ripreso il processo di beatificazione e canonizzazione  del servo di Dio, aperto ufficialmente il 25 novembre 2010 da mons. Vincenzo Bertolone, ora arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace. Il 2 dicembre  scorso infine è avvenuta la traslazione delle sue spoglie mortali dal cimitero di Morano alla Chiesa Collegiata di Santa Maria Maddalena dove sono state deposte sull’altare marmoreo a destra della crociera con la tela ad olio raffigurante Santa Teresa d’Avila.

don Francesco Cozzitorto

articolo pubblicato su "La voce del Pettoruto", ottobre dicembre 2018, anno 49, n. 4, pp. 11-12

 


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